La persistenza del dotto arterioso di Botallo è una cardiopatia congenita dovuta alla mancata chiusura del dotto di Botallo dopo la nascita con passaggio di sangue dall’aorta discendete all’arteria polmonare.
Durante la vita fetale, il dotto arterioso di Botallo è una struttura vascolare essenziale che connette l’arteria polmonare all*arco aortico, appena distalmente all’origine dell'arteria succlavia sinistra.
Questa comunicazione consente di bypassare la circolazione polmonare, ancora immatura e caratterizzata da elevate resistenze vascolari.
Nel feto, il flusso nel dotto arterioso è da destra a sinistra, ossia dall’arteria polmonare all’aorta, grazie all'elevata pressione polmonare e alla bassa resistenza vascolare sistemica. Il dotto rimane pervio grazie ai livelli elevati di prostaglandine (PGE2 e PGI2) prodotte dalla placenta e dalla parete vascolare stessa.
Dopo la nascita, con la prima respirazione, si verificano cambiamenti emodinamici fondamentali:
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Riduzione delle resistenze polmonari: comporta un abbassamento della pressione nell’arteria polmonare,
Incremento della pressione parziale di ossigeno (PaO₂): stimola la contrazione delle cellule muscolari lisce della parete del dotto.
Rimozione della placenta: porta a una diminuzione dei livelli di prostaglandine (PGE2), accelerando la chiusura.
Questi fattori inducono una chiusura funzionale del dotto arterioso entro le prime 24-48 ore di vita. Nei successivi giorni o settimane, il dotto subisce un rimodellamento progressivo, con proliferazione delle cellule endoteliali e deposizione di tessuto fibrotico, portando alla chiusura anatomica definitiva.
La persistenza del dotto arterioso (PDA) si verifica quando il dotto non si chiude spontaneamente, mantenendo un passaggio di sangue tra l’aorta e l’arteria polmonare. Questo determina uno shunt sinistro-destro (da aorta a polmonare), il cui impatto clinico dipende dalle dimensioni del dotto e dal volume di sangue shuntato.
Il persistere della connessione tra l’aorta e l’arteria polmonare genera condizioni disfunzionali responsabili del quadro clinico:
Aumento del ritorno venoso polmonare: con conseguente sovraccarico delle cavità sinistre (atrio e ventricolo sinistro);
Iperafflusso polmonare: causa un incremento della pressione arteriosa polmonare;
Dilatazione progressiva delle cavità cardiache che predispone allo scompenso cardiaco congestizio.
Nei casi più gravi, l’ipertensione polmonare può evolvere in una malattia vascolare polmonare irreversibile (sindrome di Eisenmenger). In questa condizione, il gradiente pressorio si inverte, determinando il passaggio di sangue desaturato dall’arteria polmonare all’aorta e causando cianosi sistemica.
Quadro clinico
La sintomatologia della PDA è estremamente variabile e dipende dalle dimensioni del dotto arterioso.
PDA piccola (shunt minimo): generalmente asintomatica, talvolta associata a un soffio continuo (di Gibson) in sede infraclavicolare sinistra.
PDA moderata (shunt significativo): può causare dispnea da sforzo, affaticamento, difficoltà di crescita nei neonati e segni di sovraccarico cardiaco.
PDA grande (shunt elevato): può determinare scompenso cardiaco congestizio, con tachipnea, difficoltà alimentare, epatomegalia e edemi periferici.
Quando si instaura ipertensione polmonare severa, il gradiente pressorio si inverte e il sangue povero di ossigeno dall’arteria polmonare raggiunge la circolazione sistemica, provocando cianosi e ipossiemia cronica.
Esame obiettivo
All'auscultazione, è tipico il riscontro di un soffio continuo (sistolico-diastolico) "a macchina da cucire" in sede infraclavicolare sinistra. Nei casi con ipertensione polmonare avanzata, il secondo tono cardiaco risulta accentuato con una componente polmonare marcata.
Dal punto di vista emodinamico, il paziente può presentare polsi periferici pieni e martellanti, dovuti all’aumento della pressione differenziale e alla presenza di un flusso arterioso continuo verso il circolo polmonare, tachipnea, polipnea e tirage.
Diagnosi
La diagnosi si basa principalmente sull’ecocardiogramma con Doppler, che consente di confermare la presenza dello shunt e valutarne la severità, oltre a misurare le pressioni polmonari. La radiografia del torace può evidenziare cardiomegalia e aumento della vascolarizzazione polmonare nei casi con iperafflusso polmonare. L’elettrocardiogramma, invece, può mostrare segni di sovraccarico delle cavità sinistre nei PDA significativi.
Trattamento
Il trattamento della persistenza del dotto arterioso di Botallo varia a seconda delle caratteristiche del neonato e dell'entità del difetto congenito. Le opzioni terapeutiche sono sostanzialmente 3:
Chiusura farmacologica (neonati pretermine): nei neonati prematuri, il dotto arterioso pervio può essere chiuso farmacologicamente con inibitori della sintesi delle prostaglandine, come ibuprofene, farmaco di scelta per la sua migliore tollerabilità, o indometacina, anch’essa efficace ma con un profilo di sicurezza meno favorevole. Il paracetamolo rappresenta un’alternativa in alcuni casi. Questa terapia risulta inefficace nei neonati a termine e nei bambini più grandi.
Chiusura percutanea: se la PDA persiste oltre i primi mesi di vita ed è emodinamicamente significativa, il trattamento di scelta è la chiusura percutanea con dispositivo transcatetere (es. Amplatzer duct occluder), che viene eseguita in emodinamica interventistica e rappresenta una procedura minimamente invasiva.
Correzione chirurgica: indicata nei neonati con dotto molto grande non trattabile per via percutanea, nei pazienti con complicanze (come l’endocardite infettiva sul dotto pervio) o nei casi in cui si stia sviluppando la sindrome di Eisenmenger, ma il dotto sia ancora operabile.
Se trattata precocemente, la PDA ha una prognosi eccellente e il paziente può condurre una vita normale. Se non trattata, le possibili complicanze includono insufficienza cardiaca, ipertensione polmonare irreversibile, endocardite infettiva e sindrome di Eisenmenger, che rende il dotto inoperabile.
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